La Sierra Leone è un colpo al cuore. Per straordinarietà di paesaggi e risorse, e di umanità e contraddizioni. Anche per chi come Alessandro non è nuovo a lavori in Paesi e luoghi disagiati. L’occasione sono state le riprese dei contributi video per la Corsa dei Santi, l’ormai tradizionale appuntamento sportivo agonistico e amatoriale con cui da anni Mediaset e Missioni Don Bosco portano attenzione e fondi su progetti di aiuto alle missioni salesiane.
Realizzare riprese in Paesi o luoghi disagiati non è mai semplice. Dal punto di vista tecnico e ambientale ci si ritrova spesso a chiedere il massimo a se stessi e alla propria attrezzatura tecnica: a causa delle temperature molto elevate o molto rigide, a causa delle intemperie e della precarietà delle condizioni di videoripresa, a causa delle restrizioni di pubblica sicurezza o semplicemente delle strade poco praticabili. Città come Freetown, la capitale, sono in realtà vaste baraccopoli con pochi brandello di quartieri realizzati secondo la parvenza di un piano regolatore.
A fornire motivazioni e materiale straordinario sono sempre le persone e le situazioni, i colori e persino gli odori che, a volte sorprendenti a volte sgradevoli, salgono da strade quasi sempre affollatissime e che in molti luoghi durante la stagione delle piogge diventano torrenti a cielo aperto.
Anche a Freetown in Sierra Leone, è stato così: la missione dei salesiani e in particolare del Bus Don Bosco Fambul, il «bus del sorriso», è troppo importante per lasciare che la mente e il cuore si blocchino ai racconti spesso terrificanti dei bambini e bambine di strada.
Il nostro compito, insieme ad Alessandro Tallarida –giornalista inviato di Mediaset–, Marco Faggioli –Direttore di Associazione Missioni Don Bosco– e Rossana Campa –Responsabile Comunicazione Missioni Don Bosco– è stato quello di documentare attraverso le immagini il lavoro dei Salesiani e in particolare di Don Jorge Crisafulli a beneficio di bambini e ragazzi di strada.
Abbiamo seguito Padre Jorge durante le sue attività di verso soccorso ai bambini di strada di Freetown sia presso la missione Don Bosco Fambul, che significa «casa, rifugio», sia durante gli spostamenti diurni o notturni con il Bus giallo ormai noto e caro a tantissimi piccoli disperati.
A noi tre pasti al giorno, abiti puliti, una casa calda ed accogliente, un’istruzione, una famiglia e amici con cui parlare, vivere, lavorare e sognare, sembrano la normalità. A Freetown è un lusso per pochi, davvero pochi.
Alessandro ha potuto raccogliere immagini, sorrisi, voci e interviste dai contenuti straordinari e dai colori inattesi. Le storie ascoltate hanno colpito al cuore tutti e lasciato un’impronta indelebile soprattutto in chi di noi non era mai venuto a contatto con realtà tanto crude e violente, ma tanto inondate di speranza, voglia di vivere e persino allegria.
Un’allegria inimmaginabile ad un primo sguardo su tanta miseria, ma comprensibile toccando con mano la fatica e la fede dei Salesiani che scelgono di vivere lì e dei volontari che li aiutano nella loro attività educativa e di soccorso: un pasto caldo, un rifugio dalla strada e dagli orchi per lo più stranieri che torturano letteralmente e in modi inimmaginabili ragazze e ragazzi, bambini e bambine e persino neaonati, la possibilità di imparare almeno a leggere e a scrivere.
In Sierra Leone anche un «bus del sorriso» ha senso e noi abbiamo avuto l’onore di documentarne le corse.
Sierra Leone, Ottobre 2019
Testo ©Elena Sartor
Immagini ©Alessandro Pardi